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Pronunciare la parola amore è imbarazzante. La lingua si ferma, come stanca di fare un percorso noto, che troppe volte è stato fatto e ormai non vuole più rifare. Come un suono troppo conosciuto. Come le cantilene che si pronunciano senza badare al significato. O come le preghiere che possiedono spesso una sacralità che perde ogni contenuto e diviene solo ritualità. C'è un momento, però, in cui una parola insalivata da troppe bocche, manovrata e slabbrata da troppe mani incaute, diventa immacolata. E non si capisce bene il motivo, non si potrebbe ripercorrere al contrario la strada per poterlo rifare. Accade e basta.
Ascoltando Maria sussurrare quel verso, mi sembrò come aver capito ogni cosa finalmente, come se mi avesse dato il più prezioso degli insegnamenti, che ero andato a cercare lontano, nel fondo dei barili di parole, nella metafisiche dei teoremi, e che invece avevo lì, semplice e risolto. Mescolando come i bussolotti nel paniere dei pensieri e degli aforismi avevo cercato risposte che non mi soddisfacevano, che non mi avevano fatto capire niente. E ora ogni volta che non ne ho cognizione, ogni volta che mi manca la definizione, ogni volta che non ne sento il senso finale, ora so bene qual è la verità dell'amore. L'unica che il petto ancora ascolta e capisce: il contrario della morte.
R. Saviano et al., "Sei fuori posto", Einaudi
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