Non devi avere paura di lasciare,
tanto le cose importanti nella vita non ti lasceranno mai.
"Mine vaganti", Ferzan Ozpetek
martedì, agosto 31, 2010
domenica, agosto 29, 2010
venerdì, agosto 27, 2010
Quando partirai, diretto a Itaca,
che il tuo viaggio sia lungo
ricco di avventure e di conoscenza.
Non temere i Lestrigoni e i Ciclopi
né il furioso Poseidone;
durante il cammino non li incontrerai
se il pensiero sarà elevato, se l'emozione
non abbandonerà mai il tuo corpo e il tuo spirito.
I Lestrigoni e i Ciclopi e il furioso Poseidone
non saranno sul tuo cammino
se non li porterai con te nell'anima,
se la tua anima non li porrà davanti ai tuoi passi.
Spero che la tua strada sia lunga.
Che siano molte le mattine d'estate,
che il piacere di vedere i primi porti
ti arrechi una gioia mai provata.
Cerca di visitare gli empori della Fenicia
e raccogli ciò che v'è di meglio.
Vai alle città dell'Egitto,
apprendi da un popolo che ha tanto da insegnare.
Non perdere di vista Itaca,
poiché giungervi è il tuo destino.
Ma non affrettare i tuoi passi;
è meglio che il viaggio duri molti anni
e la tua nave getti l'ancora sull'isola
quando ti sarai arricchito
di ciò che hai conosciuto nel cammino.
Non aspettarti che Itaca ti dia altre ricchezze.
Itaca ti ha già dato un bel viaggio;
senza Itaca, tu non saresti mai partito.
Essa ti ha già dato tutto, e null'altro può darti.
Se, infine, troverai che Itaca è povera,
non pensare che ti abbia ingannato.
Perché sei divenuto saggio, hai vissuto una vita intensa,
e questo è il significato di Itaca.
(Kostandinos Kavafis [1863-1933])
che il tuo viaggio sia lungo
ricco di avventure e di conoscenza.
Non temere i Lestrigoni e i Ciclopi
né il furioso Poseidone;
durante il cammino non li incontrerai
se il pensiero sarà elevato, se l'emozione
non abbandonerà mai il tuo corpo e il tuo spirito.
I Lestrigoni e i Ciclopi e il furioso Poseidone
non saranno sul tuo cammino
se non li porterai con te nell'anima,
se la tua anima non li porrà davanti ai tuoi passi.
Spero che la tua strada sia lunga.
Che siano molte le mattine d'estate,
che il piacere di vedere i primi porti
ti arrechi una gioia mai provata.
Cerca di visitare gli empori della Fenicia
e raccogli ciò che v'è di meglio.
Vai alle città dell'Egitto,
apprendi da un popolo che ha tanto da insegnare.
Non perdere di vista Itaca,
poiché giungervi è il tuo destino.
Ma non affrettare i tuoi passi;
è meglio che il viaggio duri molti anni
e la tua nave getti l'ancora sull'isola
quando ti sarai arricchito
di ciò che hai conosciuto nel cammino.
Non aspettarti che Itaca ti dia altre ricchezze.
Itaca ti ha già dato un bel viaggio;
senza Itaca, tu non saresti mai partito.
Essa ti ha già dato tutto, e null'altro può darti.
Se, infine, troverai che Itaca è povera,
non pensare che ti abbia ingannato.
Perché sei divenuto saggio, hai vissuto una vita intensa,
e questo è il significato di Itaca.
(Kostandinos Kavafis [1863-1933])
giovedì, agosto 26, 2010
Un boato squarciò il silenzio della notte svegliando tutti.
Satana si presenta proprio quando meno te lo aspetti.
Tommy era fuori, di guardia, ma non fece in tempo ad accorgersi del bagliore dei razzi prima di avvisare gli altri.
Le mura tremarono, gracili come rami secchi.
Sembrava che l'intero edificio stesse per venire giù, era questione di attimi e prima o poi quel mostro di cemento li avrebbe inghiottiti.
Le emozioni deflagravano nell'anima. Era guerra fuori e dentro.
"Voglio tornare a casa voglio baciarla ancora assaporare le sue labbra e dirle che l'amo dirle che la adoro con tutto me stesso"
La rampa delle scale esterne cedette con un tonfo sordo.
Bisognava sbrigarsi. Prendere zaini e buttarsi giù, via dall'ingresso ovest.
"Voglio tornare da lei farle vedere come sia diversa la guerra quella vera."
I calcinacci iniziavano a fare danni.
Il sergente ringraziò il padreterno per avergli dato cinque centimetri in meno di altezza.
Un altro poco così, e sarebbe stato fottuto.
Cibo per topi.
"Non litighiamo più Johanne amiamoci voglio un figlio voglio una famiglia"
"CHE CAZZO STATE FACENDO LÌ IMPALATI? MUOVETE IL CULO, FUORI DA QUESTO BUCO!"
Un altro sibilo.
"Dio ti prego fa' che possa tornare a casa da lei con tutte e quattro le zampe al loro posto"
Un'altra esplosione.
"Non voglio morire non voglio morire non voglio"
Tommy cadde, battendo forte la testa.
Era tutto bianco avanti a lui.
Notava chiaramente qualcuno che gli parlava, ma lui non capiva. Non sentiva. Non riusciva.
Un fischio lo torturava.
Perse conoscenza.
Satana si presenta proprio quando meno te lo aspetti.
Tommy era fuori, di guardia, ma non fece in tempo ad accorgersi del bagliore dei razzi prima di avvisare gli altri.
Le mura tremarono, gracili come rami secchi.
Sembrava che l'intero edificio stesse per venire giù, era questione di attimi e prima o poi quel mostro di cemento li avrebbe inghiottiti.
Le emozioni deflagravano nell'anima. Era guerra fuori e dentro.
"Voglio tornare a casa voglio baciarla ancora assaporare le sue labbra e dirle che l'amo dirle che la adoro con tutto me stesso"
La rampa delle scale esterne cedette con un tonfo sordo.
Bisognava sbrigarsi. Prendere zaini e buttarsi giù, via dall'ingresso ovest.
"Voglio tornare da lei farle vedere come sia diversa la guerra quella vera."
I calcinacci iniziavano a fare danni.
Il sergente ringraziò il padreterno per avergli dato cinque centimetri in meno di altezza.
Un altro poco così, e sarebbe stato fottuto.
Cibo per topi.
"Non litighiamo più Johanne amiamoci voglio un figlio voglio una famiglia"
"CHE CAZZO STATE FACENDO LÌ IMPALATI? MUOVETE IL CULO, FUORI DA QUESTO BUCO!"
Un altro sibilo.
"Dio ti prego fa' che possa tornare a casa da lei con tutte e quattro le zampe al loro posto"
Un'altra esplosione.
"Non voglio morire non voglio morire non voglio"
Tommy cadde, battendo forte la testa.
Era tutto bianco avanti a lui.
Notava chiaramente qualcuno che gli parlava, ma lui non capiva. Non sentiva. Non riusciva.
Un fischio lo torturava.
Perse conoscenza.
martedì, agosto 24, 2010
martedì, agosto 17, 2010
sabato, agosto 14, 2010
Un'enorme esplosione.
Pezzi ovunque, lacerazioni ingombranti di spazio e tempo.
Abissi improvvisi e distanze, vuote, da ricolmare.
Entrai nella stanza e lo trovai rannicchiato in un angolo a guardare in alto.
Aveva gli occhi persi nel vuoto, come se stesse parlando con qualcuno che in quelle quattro mura, fisicamente, non c'era per niente.
"Che fai lì, Sahid?"
Staccò lo sguardo dalla figura eterea nella sua mente e mi rispose, sereno.
"Sto pregando. Si dice così, no?"
"Beh, si, credo di avere capito. Per cosa preghi?"
"Vorrei che Dio mi lasciasse per sempre i genitori, così come sono. Proprio uguali, capisci?"
Il padre aveva perso tutte e due le gambe anni prima, per un attacco di un tank israeliano. La casa era andata giù in un lampo, quasi fosse di cartapesta. Lui ci era rimasto sotto, incastrato come un topo. Gli avevano amputato entrambi gli arti a distanza di pochi giorni. O le gambe o la morte, la scelta era obbligata.
"Mi hanno sempre dato tutto, e so che continueranno a farlo finché potranno."
La madre invece era rimasta ustionata gravemente al viso e al bacino. "La pioggia del fuoco", la chiamano. Il fosforo bianco è bastardo sul serio. Pure dopo giorni, pure dopo la pioggia, ti fotte sempre. Ti consuma la pelle, ci si attacca e non te lo levi. Vedi la carne ardere e non ci puoi fare assolutamente nulla.
"E perché stai pensando a loro? Stai tranquillo, siamo al sicuro qui."
"Non siamo al sicuro da nessuna parte. Non vedi come sono ridotti i palazzi intorno?"
"Si ma è acqua passata. Non ci pensare."
"E invece ci penso eccome. Najla non c'è più. Eppure mi avevate detto che la guerra non c'era qui. La guerra, invece, è ovunque."
Najla era la ragazzina con cui Sahid giocava da sempre. Credo si volessero bene, per quello che può essere l'amore tra due bambini cresciuti in Palestina in parchi giochi di bombe. Un carro l'aveva travolta mentre lei stava correndo verso la palla che Sahid stesso le aveva chiesto di raccogliere. Andata via, anche lei una volta per tutte. Portandosi dietro i giochi. E l'amore.
"La guerra è ovunque, in qualsiasi momento. Tutto il mondo è in guerra."
"Sahid. Siamo qui per questo, vogli..."
"No, se fossi qui per toglierla, la guerra, non porteresti quel coso in giro."
Il coso era un mitragliatore. Aveva ragione. Mi sentii un idiota.
"Sahid..."
"Cosa?"
"Ti voglio bene."
"Anche io."
Uscii dalla stanza e iniziai a pregare anch'io, a mio modo. Con un mitragliatore carico in grembo, e lacrime di vigliaccheria negli occhi. Pregavo, ma Sahid non lo sapeva.
mercoledì, agosto 11, 2010
martedì, agosto 10, 2010
mercoledì, agosto 04, 2010
martedì, agosto 03, 2010
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