martedì, gennaio 22, 2008

Il falso ingegnere, i danni ambientali e il via vai di "quei camion targati Napoli"
Nel sito il triplo d'immondizia prevista: olio, plastica e residui di vernici

Orvieto, l'ombra della camorra
sulla discarica dei veleni

Dal business milionario agli appalti finiti sotto processo
dal nostro inviato CARLO BONINI


ORVIETO - Se la metti a fuoco una volta, non te la togli più di torno. Taglia l'orizzonte della rocca del Duomo. Incombe sulla valle. Fa da quinta all'Autosole. La discarica "le Crete", la Grande Pattumiera dell'Umbria, è un cratere artificiale di 84 mila metri quadrati, aperto nei calanchi di argilla che chiudono la riva sinistra del fiume Paglia. E ha una storia che nessuno sembra abbia voglia di raccontare.

Perché in Umbria, l'omertà si chiama "riservatezza". Perché se dici rifiuti, pensi a Napoli. Se dici Camorra, pensi alla Campania. Se ascolti di amministratori locali scaltri, di avventurieri della "mondezza", immagini il nostro Meridione, non il paradiso degli ulivi. Non un gioiello d'arte dove, il 24 gennaio, un piccolo tribunale proverà a celebrare un processo che nessuno vuole. Per i nomi dei suoi imputati, per le responsabilità politiche che illumina.

La società che controlla "le Crete" si chiama "Sao" e ha cambiato padrone nel maggio 2006. La acquisisce la Acea nell'operazione con cui rileva la indebitata "Tea" (gruppo "Erg") per circa 150 milioni di euro. La discarica è un ottimo affare. Geologicamente (le argille plioceniche hanno un altissimo coefficiente di impermeabilità al percolato: un metro di penetrazione ogni 10 mila anni). E, soprattutto, per quel che può e si ha intenzione di farla diventare.

Ma, da almeno dieci anni, ha un problema. La procura della Repubblica di Orvieto si ostina a ficcare il naso in quel che avviene nel cratere e intorno al cratere. Tra il '97 e il '98, una prima indagine ha accertato che in quei calanchi si va tecnicamente a vista, affidandosi all'expertise di un geometra comunale. Che in coincidenza di robusti "eventi meteorologici", i liquami liberati dai rifiuti arrivano dritti dritti nel Paglia. Per non parlare dell'impianto di compostaggio dei rifiuti. Una selezione scadente produce un "compost" di pessima qualità, che non ha mercato e finisce in discarica. A fine anni '90, il sito viene chiuso, e si decide di aprire una nuova ferita nei calanchi, lungo lo stesso crinale.

Il progetto della nuova (e attuale) discarica viene affidato e realizzato da due geologi e un "tecnico": l'ingegnere Iginio Orsini. Che "ingegnere" non è mai diventato. Ha dato un solo esame, da studente, ma è un eccellente praticone, che ha ingannato molti (persino a Parigi) e si aiuta con qualche buon software di progettazione. Quando lo scoprono e gli chiedono conto in tribunale è troppo tardi: le ruspe sono già al lavoro. Nel 2001, con la nuova discarica a regime, la "Sao" e il comune di Orvieto, un monocolore rosso da mezzo secolo, fiutano il business. Le "Crete" - ragionano - possono coniugare le ragioni della "politica di solidarietà" con altre amministrazioni di sinistra e quella dei soldi facili per le casse dell'Amministrazione.

La Campania è in ginocchio di fronte ai rifiuti e le nuove "Crete" hanno spazio da vendere. Basta pagare. L'operazione è benedetta dalla Regione Umbria, dalla regione Campania, dall'allora sindaco di Orvieto, Stefano Cimicchi. E' un uomo il cui nome, ancora oggi, viene pronunciato dagli orvietani con un certo timore. Comunista, quindi diessino, è diventato sindaco nel '91, per poi essere rieletto nel '95 e nel '99. In quegli anni, sembra di capire, Orvieto è cosa sua. Non si muove paglia che lui non sappia o non voglia. Le potenzialità della discarica sono un suo pallino anche per il vantaggio che ne viene alle casse del comune. L'affare con la Campania si fa.

Per la umbra "Sao", a Napoli, opera informalmente un tale Rino Martini. E' un ex colonnello della Forestale che si è messo a fare il trader internazionale di rifiuti. Per i primi trasporti dal napoletano in Umbria aggancia la "Ecolog", società per lo smaltimento dei rifiuti del gruppo Fs e allora general contractor del consorzio campano. Dice di aver comprato delle volumetrie delle "Crete" per rifiuti extraregionali e fa un prezzo, che la Sao conferma. Iniziano i trasporti. Ma presto è chiaro che c'è qualcosa di poco trasparente.

Alla "Ecolog" lavora gente seria, convinta che, anche nel business dei rifiuti, sia possibile coniugare "redditività" e trasparenza. Quel genere di pignoli che fanno attenzione ai "formulari". Sono le bolle che accompagnano ogni tipo di rifiuto. Ne certificano la natura, la quantità, il punto di carico, il trasportatore, il trasformatore, il punto di scarico. Quando il rifiuto completa il suo tragitto, il "formulario" torna indietro, perché tutti coloro che vi hanno messo mano siano sicuri che a destinazione è arrivato esattamente ciò che è partito. Bene, nei formulari che tornano indietro dall'Umbria figurano finiti nelle "Crete" rifiuti mai caricati. Per tipo e per quantità. La prima volta, alla Ecolog, pensano a un errore. Al quinto "errore" corrono dai carabinieri e si sfilano.

Nel 2003, una nuova "emergenza". Orvieto e Napoli si tendono ancora una volta la mano per un accordo di programma. La prima esperienza lo sconsiglierebbe per molte ragioni (non ultima che il trasporto dei rifiuti non è stato saldato). Che, tuttavia, sembrano esattamente le stesse per cui l'accordo si conclude. Ufficialmente si tratta di spostare 20 mila tonnellate i rifiuti. Che, a 160 euro la tonnellata, più 25 euro di trasporto, fanno una discreta cifra.

E infatti accade qualcosa. Che Roberto Cetera, amministratore delegato di "Ecolog", racconterà al procuratore di Orvieto Calogero Ferrotti, il magistrato che, prima del suo trasferimento, riuscirà a portare in giudizio "le Crete". In quel 2003 - racconta a verbale Cetera - è accaduto che uno degli autotrasportatori napoletani che lavorano per la "Ecolog" si sia confidato. Degli "amici" lo hanno invitato a mollare la sua prestigiosa committenza per salire a bordo di un nuovo cartello di società "che hanno già firmato nuovi contratti con la Sao". Cetera si insospettisce. Chiede conto al commissario straordinario, che cade dalle nuvole. Salvo scoprire, che, in realtà, nuovi contratti sono stati firmati. Ma dal consorzio Napoli 3, presieduto da Mimmo Pinto.

Mimmo Pinto è stato tutto in vita sua. Ha fondato i "disoccupati organizzati" napoletani. E' stato in Lotta Continua. E' stato radicale, socialista, forza italiota. Si è infine acconciato a salire a bordo dell'amministrazione Bassolino, che lo ha messo a occuparsi di rifiuti. Per il nuovo "affare" umbro, la "Ecolog" è fuori. La "logistica" e il trasporto Napoli-Orvieto - accerterà l'inchiesta della magistratura - vengono subappaltate a due società nell'orbita della Camorra.

La "New Ecoservice srl" e la "Emambiente srl" (quest'ultima con sede sociale a Giugliano, il feudo dei Mallardo), cui l'affare porta 1,5 milioni di euro. Il solo denaro, per molto tempo, ad essere stato regolarmente saldato (dopo una transazione di 3,5 milioni di euro, "Sao" vanta tuttora crediti per oltre 3 milioni). Nelle "Crete" i camion che arrivano da Napoli scaricano tra le 50 e le 60 mila tonnellate di rifiuti. Tre volte il quantitativo previsto dall'accordo. Ma cosa sversano?

Il 24 di gennaio, alla domanda potrebbe dare risposta un processo in cui gli imputati sono 10. Funzionari e dirigenti della "Sao", l'ex sindaco di Orvieto Cimicchi, l'assessore regionale all'ambiente di Prc Danilo Monelli e Mimmo Pinto. Imputati di una lunga teoria di falsi, abusi e reati ambientali destinati a rapida prescrizione se il processo dovesse traslocare a Napoli. Vedremo cosa accadrà. C'è da dire che chi tocca i fili del business dell'immondizia, da queste parti, rimane folgorato.

Lo scrittore Luigi Malerba, nel lontano aprile '97, ha il coraggio di scrivere una lettera aperta su "Repubblica". Rivolgendosi a Cimicchi lo invita a desistere dall'allora progettato inceneritore che dovrebbe completare il "ciclo" della discarica. Con l'argomento di chi non ha girato la testa dall'altra parte. "Sa che di notte sono già arrivati alla discarica orvietana carichi di rifiuti su autocarri targati Napoli? (...) Credo che dietro tutta questa vicenda sciagurata ci sia una parola incriminata ed esorcizzata: "business"". Viene trascinato in un tribunale, dove sarà assolto. Ma ha visto lunghissimo.

Sono passati 11 anni. E il business sta per ricominciare. In altro modo. La provincia di Terni ha autorizzato la discarica ad accogliere rifiuti speciali per 130 mila tonnellate, il 10% della sua capienza (1 milione e 300 mila tonnellate). Si chiamano "rifiuti speciali non pericolosi". Sono lubrificanti, residui di vernici, adesivi, collanti, "esiti" della lavorazione dei metalli, della plastica, rifiuti da incenerimento. Al comune di Orvieto, andrà una fiches di 7 euro a tonnellata. E forse qualcosa di più, se avrà seguito una bozza di accordo che la nuova "Sao" ha sottoposto al nuovo sindaco, Stefano Mocio, il 27 novembre scorso.

"Facendo riferimento a intese intercorse", "Sao" propone di mettere una pietra sul passato con una transazione e di guardare avanti a un progetto che realizzi nel territorio del comune un polo di energie rinnovabili. Dovrebbe funzionare così. "Sao" verserà al comune 402 mila euro (70 mila per sponsorizzare "Winter Umbria Jazz"; 45 mila per "contributi a interventi di educazione ambientale; 287 mila per scordarsi il passato) e, oltre ad avere pieno sfruttamento della discarica, avrà via libera alla "realizzazione sul territorio della costruzione di nuovi impianti per le energie rinnovabili (...) impianti fotovoltaici, un impianto a bio-masse, un impianto per il trattamento dei rifiuti tossici dei termovalorizzatori". Orvieto osserva e tace tra i suoi ulivi.

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Ciao Papà