lunedì, gennaio 26, 2015

03:57

Un breve scambio di messaggi e decisero di vedersi.

Si incontrarono al solito bar.
Come sempre, lei tardò di qualche minuto.
Lui sapeva che l'avrebbe attesa, era una garanzia.
Le donne si fanno attendere.

[...]

Si salutarono. Ciao-ciao, un paio di battute, entrarono nel locale.

Accomodati al tavolino, dopo uno scambio di "come stai?" buttati lì, ordinarono la consumazione. E quel momento sancì l'inizio della chiacchierata, quella vera.

Lei era bella come il sole, lui imbarazzato tanto per cambiare. Non avrebbe voluto perderla. La sincerità che aveva usato nel raccontarle gli ultimi mesi di vita l'aveva lasciato in qualche modo disarmato.

[...]

Sta di fatto che si spiegarono, si raccontarono i perché e i percome delle azioni e delle reazioni che avevano avuto. Questioni di tempistiche, di modi di fare, di posizioni, di coraggio mancato, dell'aver saltato i giochi uomo-donna, di rispetto, di messaggi non scritti, frasi non dette, frasi dette troppo, dell'amore, del fare l'amore, del non fare niente; questioni di fiducia, di essersi lanciati tanto, di non essersi lanciati affatto, di non sapere come comportarsi, di comportarsi e basta, di tempo volato, di tempo mancato, di abbracci, di baci, di carezze, di lasciarsi andare; questioni di cosa vuoi dalla vita, di cosa ti trovi nella vita, di come la affronti 'sta vita, di avremmo dovuto conoscerci meglio, di sapersi da sempre, di non sapere nulla, di sapere poco, di sapere troppo.

[...]

Si guardavano.
E pure quando erano in silenzio, vicini, si parlavano.
Addirittura forse si capivano di più.
Tanto che a lei, ad un certo punto, scappò la verità.

"Ma perché discutiamo?"

"Che ne so perché discutiamo? Vorrei sentirti, saperti accanto, dividere quel pezzo di vita insieme che era pronta all'uso e che stiamo cestinando", pensò lui. Ma due ore dopo.

[...]

Per quanto possibile, alla fine si chiarirono.
Tornando al punto di partenza, come in uno strano gioco dell'oca.

La situazione doveva evidentemente apparire ridicola agli occhi degli altri attorno che li guardavano come a dire "ma cosa state aspettando?", e non era la prima volta. Loro se ne accorgevano puntualmente.

[...]

Pagarono il conto, uscirono e raggiunsero l'auto di lei.

Si abbracciarono.
Una volta, poi un'altra ancora.
Si baciarono.

[...]

"Allora ciao..."
"Ciao..."

Lei entrò in macchina.
Lui la salutò ancora, poi non si voltò dietro.

Montò sulla sua auto e iniziò a girare senza una mèta.
Le scrisse.

"Grazie"
"Grazie a te...", la risposta.

Erano entrati l'uno nella vita dell'altro, dopo tutto.

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G

lunedì, gennaio 19, 2015

La quiete dell'anima giova purché non si converta in stupida indifferenza o in colpevole egoismo

J. P. B. Delessert

mercoledì, gennaio 14, 2015

Nessuna certezza

È come se
Ogni parola che
    parla d'amore
Diventi musica

Vorrei uscire stanotte
Dimenticare il tuo nome

Manda via
    la solitudine


domenica, gennaio 11, 2015

La semplicità

  Ma quando è successo? Quando, precisamente, si è consumata la spaccatura insanabile? Non possiamo continuare a far finta di niente e a non domandarcelo. Perché è successa una cosa enorme e dolorosa. Perché, quando riguardo quelle sette foto di mia madre, provo una nostalgia così mostruosa che vorrei morire di morte naturale lì lì senza troppi grilli per la testa? Vedo quelle sette foto dove io non ci sono. Non è una nostalgia prevedibile, diciamolo subito. Non è mancanza d'affetto di una madre che non esiste più. Non sono le recriminazioni sentimentali di un figlio a parlare. Non è questo. È altro. È il contenuto di quelle foto che mi sconvolge i sensi. Che sconvolge anche i sensi vostri perché anche voi ce le avete quelle foto, uguali sebbene diverse. Io, per quanto riguarda me stesso, lo so cos'è. Lo so cosa mi fa piangere sempre, ininterrottamente, anche mentre vado a comprarmi le sigarette o fingo di ridere alle battute di un amico. Lo so. È che in quelle foto alberga una cosa che poi a noi non è più appartenuta. La semplicità. In quelle cazzo di foto c'è, in tutto e per tutto, un concetto di vita semplice che a noi è sfuggito totalmente. Rendendoci l'esistenza un groviglio artificioso così scadente, ma così scadente.
  C'è, nelle foto delle nostre madri, il piacere genuino e purificato della vita. Un godimento continuo quando le cose stanno così. Tutta la semplicità che rende la vita accettabile. Accettabile, un sinonimo di felicità. Perché semplice non vuol dire elementare. Eh no cazzo, non confondiamo concetti simili ma diversi anni luce tra loro. È come se tutto ad un tratto, come in un complotto silenzioso ordito da noi stessi, ci fossimo messi a pensare che semplice volesse dire banale. Frantumando, in pochi istanti, uno stile di vita decente e vincente.
  Che danni inenarrabili siamo stati in grado di eseguire.


Da "Hanno tutti ragione", di P. Sorrentino

domenica, gennaio 04, 2015

Le emozioni passano, i sentimenti vanno coltivati.


L'amore non è un oggetto preconfezionato e pronto per l'uso. È affidato alle nostre cure, ha bisogno di un impegno costante, di essere ri-generato, ri-creato e resuscitato ogni giorno. […] ma l'amore ripaga quest'attenzione meravigliosamente.


Zygmunt Bauman

venerdì, gennaio 02, 2015

Ciao Papà